A cosa servono i robot in classe

Costruendo si impara: non è una novità. E con le nuove tecnologie?

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Costruendo si impara: non è una novità. Tutti noi, da piccoli, abbiamo tentato almeno una volta di realizzare oggetti più o meno fantasiosi (castelli, trenini o aquiloni). Abbiamo cercato i materiali necessari, progettato la costruzione dell’oggetto, tagliato e incollato pezzi di cartone e infine abbiamo messo tutto insieme per poi scoprire che qualcosa non funzionava. Dunque siamo andati in cerca dei nostri errori e abbiamo provato a correggerli. E in molti casi siamo riusciti a realizzare quello che volevamo, perché lo volevamo veramente.

Facendo tutto ciò, stavamo imparando molte cose. Stavamo imparando a tagliare e decorare cose, a progettare un piano dei lavori e soprattutto stavamo pensando come realizzare quello che desideravamo e come rimediare ai nostri errori.

I robot – per lo meno quelli come CoderBot – servono per costruire. Con una particolarità. Rispetto al cartone, al meccano o al LEGO, permettono di costruire qualcosa di straordinario: un comportamento. Pensiamo a CoderBot. Si può muovere sulle sue ruote come un piccolo veicolo e ha sensori di vario tipo. Tramite un semplice linguaggio di programmazione, che viene appreso senza gran difficoltà da bambini relativamente piccoli (6 anni), si può chiedere a CoderBot di muoversi in modi particolari a seconda di ciò che viene percepito dai sensori. Si può chiedere a CoderBot di andare in giro per la stanza e sterzare quando c’è qualche oggetto vicino, di rifugiarsi nelle zone scure della casa come fanno gli scarafaggi, oppure di cercare la luce come fanno le falene. Si può chiedere a CoderBot di pronunciare “Mela!” quando vede una mela o di rincorrere una palla rossa. Si può persino chiedere a un CoderBot di dire ad un altro CoderBot cosa deve fare.

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Tutto questo lo si può fare a casa, da soli, oppure in classe, lavorando con gli insegnanti e i propri compagni.

Cosa si impara, programmando un CoderBot? Dipende. Se lo si propone come strumento didattico per attività scolastiche (come spesso accade), la parte del leone è dell’insegnante: le attività che propone, il modo in cui organizza i lavori di gruppo e soprattutto i momenti di riflessione – ovvero quelli in cui i bambini riflettono tutti insieme su cosa stanno facendo e perché, su cosa hanno imparato e su come hanno fatto a impararlo. In breve, la questione dipende da come CoderBot è utilizzato in classe: anche su questo il Dipartimento di Scienze della Formazione della Bicocca, con il suo RobotiCSS Lab, conduce molte attività di ricerca sperimentale.

Resta il fatto che, finora, molti insegnanti hanno utilizzato CoderBot nelle loro classi con grande soddisfazione loro e dei bambini.

In tanti casi l’obiettivo degli insegnanti era quello di stimolare i bambini a ragionare, con tutto quello che questa parola significa: in effetti per programmare un comportamento attraverso CoderBot bisogna ragionare moltissimo. Bisogna fare previsioni, esperimenti, dare spiegazioni, decidere quale insieme di comandi fornisca al robot la “logica” che desideriamo vedere nel suo comportamento.

Negli studi di robo-etologia condotti dal RobotiCSS Lab e pubblicati sull’IEEE Robotics and Automation Magazine, i bambini non dovevano programmare il CoderBot ma scoprire come era programmato a partire dall’osservazione del suo comportamento. Scoperta, teorizzazione, sperimentazione, osservazione: bambini scienziati alle prese con un animaletto robotico.

In altri casi l’obiettivo era più disciplinare. Sono stati fatti percorsi di geografia, in cui i bambini dovevano ricostruire la struttura di un territorio sulla base delle immagini “in soggettiva” acquisite da CoderBot, come nei rover su Marte, ovvero le piccole sonde progettate per muoversi sulla superficie di altri pianeti.

Sono stati elaborati percorsi che puntavano allo sviluppo di capacità matematiche, geometriche, artistiche e persino linguistiche. La creatività degli insegnanti è senza fine e CoderBot, con la sua telecamera, i suoi algoritmi di visione artificiale e la sua facilità di programmazione, non può che alimentarla.

Edoardo Datteri


Pubblicato il 15/12/2017 da Edoardo Datteri news




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